Articolo Istituzionale

Intervista a Piero Masi

 Intervista a Piero Masi presidente della Ald

Si definisce fuori moda. Io lo trovo attualissimo, anzi cool

Di Patrizia Tassone         

Incontro Piero Masi dopo tanto tempo ma il sorriso è sempre lo stesso.

Non possiamo abbracciarci o salutarci come prima ma non importa. A gesti ci proviamo.

Piero Masi è presidente dell’associazione lucchese diabetici ed è, lui stesso, diabetico.

Conosco l’associazione e posso assicurarvi che, escludendo il periodo di lockdown, in passato è stata impegnata, ed è sempre impegnata, in molte iniziative.

Basta andare su internet e digitare www.diabetelucca.it per avere un’idea della passione che anima questa associazione.

Carissimo Piero iniziamo parlando del vostro sito internet.

Il sito fondamentalmente deve essere uno strumento per far capire che cosa in effetti deve fare un diabetico, o meglio, è nostra intenzione cercare di annullare tutte quelle fake news che girano sul web.

Oggi il diabete è ancora circondato da stupidaggini, false immagini, di falsi dogmi, di cose che erano vere quaranta anni fa quando mi è stato diagnosticato il diabete.

Nel frattempo la farmacologia e la biomeccanica hanno fatto passi giganteschi.

Quaranta anni fa appunto, io dovevo recarmi una volta a settimana all’ospedale, fare un prelievo di sangue al sabato e il mercoledì successivo ottenevo la risposta.

Oggi bambini di sei anni hanno un piccolo apparecchio con cui le loro madri, da casa, possono controllare la glicemia.

Una volta c’era un’insulina che era un’insulina umana.

Oggi abbiamo, mi sembra, cinque o sei insuline rapide e tre o quattro insuline basali, cioè quelle insuline che hanno una lenta cessione e tengono sotto controllo il diabete tutto il giorno.

Una volta il diabetico non poteva mangiare determinate cose perché poi non c’erano gli strumenti per controllarlo.

Oggi, non dico che può mangiarsi una sacher torte intera ma una fettina piccola di dolce a settimana può mangiarla, anzi, il diabetico deve mangiarla proprio perché è una persona come le altre, di conseguenza, ha bisogno di carboidrati, di vitamine, di Sali minerali, di acqua, ecc.

Dunque il sito, principalmente, serve a spiegare queste cose alla gente evitandole di andare in giro su internet perché, e l’ho riscontrato in prima persona, si trovano le cose più insensate, più assurde e più false.

Questo per i diabetici è pericolosissimo.

Per noi dell’associazione è essenziale dare una voce controllata, gestita oltretutto da un medico (perché tutte le notizie che passano sul nostro sito sono controllate dal primario di diabetologia) di conseguenza, una voce certificata.

È importante dare un contributo medico e psicologico, perché un altro aspetto estremamente di rilievo è quello di non piangersi addosso.

Al diabetico serve tutto fuorchè piangersi addosso.

Il buonumore non va trascurato così come la visione ottimistica, che non vuol dire nascondere la testa sotto la sabbia ma prendere coscienza della situazione e contemporaneamente prenderla serenamente.

Se gestito bene oggi di diabete non si muore.

Una volta si moriva da concause del diabete: si diventava ciechi completamente, si dovevano tagliare gli arti, c’erano patologie renali importanti, le cardiopatie erano all’ordine del giorno.

Oggi, se curato bene, una persona diabetica non ha nessuna di queste conseguenze collaterali o, se le dovesse avere, in maniera più blanda.

Quindi accettare questa nuova realtà senza, perciò, arrendersi ad essa?

Assolutamente ma questo credo debba essere una filosofia di vita.

Penso che ciascuno di noi non abbia la certezza di poter dire sono nato felice, sono sempre stato felice e morirò felice, perché ognuno con il proprio metro di giudizio e la propria capacità di sopportazione, ha avuto momenti belli, momenti meno belli, ha gioito, ha pianto, si è disperato e si è risollevato.

Anche il diabete ha momenti in cui se è troppo basso ti senti male, se è troppo alto hai il mal di testa che scoppi, cambi di umore repentini ma se tutto è preso con calma, con serenità e con la visione del bicchiere mezzo pieno, se ne esce bene. Yes I can.

Ho letto sul sito che l’associazione ha 30 anni ed è stata fondata da Rossi.

Rossi l’ha aperta e l’ha gestita fino al 2005/2006 più o meno, comunque l’anno in cui Rossi è venuto a mancare.

Poi da quella data fino al gennaio 2016 l’ha presieduta la sig. ra Risaliti che, nonostante la giovane età, è una decana.

Dal gennaio 2016 ho l’onore di ricoprire la carica di presidente e dico fin da ora che a gennaio 2022 cederò le armi, mi ritirerò per fare largo ai giovani, perché se una cosa la tieni a cuore devi saper dire, soprattutto a una certa età, «fermati!», anche perché non sono più attuale, sono fuori moda, ho settanta anni.

Quanti iscritti ci sono nella sola lucchesia?

Attualmente in associazione, che copre un territorio che va da tutta la piana di Lucca fino alla Garfagnana, siamo circa 150 iscritti.

Numericamente, a quanto ammontano, ad oggi i diabetici in Italia?

Io penso che in Italia siamo intorno ai quattro milioni perché la patologia ha un’incidenza del 7-8% sulla popolazione.

In questi anni in cui hai ricoperto la presidenza quali obiettivi sono stati raggiunti?

Il primo è stato quello di aumentare il numero degli iscritti perché alla prima riunione eravamo sei e il consiglio direttivo era formato dai sei aderenti.

Fondamentalmente, però, di obiettivo ce ne era uno solo ed è quello che ho già detto prima: far capire al diabetico che il diabete è una patologia con cui può convivere a condizione di rispettare alcune regole che non sono stringenti.

Quindi l’obiettivo primario dell’associazione era di far comprender ciò al diabetico e, soprattutto, ai familiari che spesso pensano, erroneamente, di avere in casa un appestato.

Noi non siamo degli appestati.

Non l’abbiamo scelto noi, è lui che sceglie noi.

Quali ulteriori obiettivi pensate di raggiungere? Cosa avete in cantiere?

Adesso in cantiere abbiamo una cosa che mi inorgoglisce in maniera particolare perché le parole sono belle ma è soprattutto bello passare al concreto.

Premesso che devo ringraziare la sig.ra Risaliti, la precedente presidente, la quale mi ha lasciato un’eredità di cassa importante.

L’associazione diabetici avendo a disposizione dei soldi ha deciso di intervenire in maniera mirata: a Lucca abbiamo la fortuna di avere un podologo pagato dallo Stato all’interno del team di diabetologia.

Il nostro intervento è stato quello di fare ex novo il «gabinetto» di podologia; ad esempio, non c’era una poltrona, non c’erano molti strumenti e quelli li abbiamo acquistati noi investendo una somma di circa €10.000.

Anche perché il podologo è una figura molto importante per i diabetici.

Per noi diabetici il podologo è basilare perché la neuropatia degli arti inferiori è devastante.

Una persona normale che nel tagliarsi le unghie si provocasse un’ulcera quella nel giro di due giorni si è risolta, mentre per un diabetico una cosa di questo genere costituisce il telepass per l’amputazione di un dito, quando va bene.

Siamo riusciti a circoscrivere questi incidenti in maniera molto forte proprio dando al podologo degli strumenti importanti: ad esempio con il laser antimicotico il podologo è in grado di gestire i funghi all’interno, sotto le unghie in maniera profonda.

Inoltre, per rispondere alla tua domanda, l’obiettivo è stato quello di dare direttamente noi gli strumenti che l’Asl non passa più.

Ad oggi ci sono molti diabetici che non hanno la possibilità di comprarsi le scarpe apposite, e siccome non sono scarpe che costano €50, noi siamo riusciti a creare un fondo per aiutare queste persone, perché ad oggi molta gente ha difficoltà a curarsi.

L’associazione non è solo una carezza o una pacca sulle spalle, è anche qualche cosa di più.

Questo mi rende molto orgoglioso così come mi ha reso orgoglioso, direi quasi vanesio, quando questa proposta è stata avanzata al consiglio direttivo: è stato un sì immediato e incondizionato, un’unanimità totale.

Perché sono consapevoli dell’importanza che costituisce un supporto di questo tipo.

Io domenica mattina scorsa ho consegnato ad un signore di sessantatre anni che ha una patologia drammatica a entrambi i piedi, un paio di scarpe, insomma questo signore piangeva.

Non so come esprimere ciò che ho provato alla vista di questa persona di sessantatre anni che piangeva perché gli avevo consegnato un paio di scarpe del valore di 300€.

Io ti conosco so che fai (a parte il blocco imposto nell’ultimo periodo per i motivi che tutti conosciamo) assistenza allo sportello due volte a settimana perché per te, ma per voi tutti dell’associazione, questo è un aspetto a cui tenete molto.

Certo ma anche aiutarli a risolvere i problemi della quotidianeità è essenziale.

Ti faccio un esempio: il rinnovo della patente.

Per qualsiasi altra persona il rinnovo della patente è semplice visto che si tratta di andare in una scuola guida o alla Motorizzazione ad effettuare la visita e ha risolto il problema.

Per i diabetici il rinnovo della patente è una storia infinita.

Innanzitutto ci costa di più (dai €50 ai €300) perché chi è nella mia stessa situazione deve sottoporsi a una visita oculistica, poi cardiologica, di conseguenza i costi lievitano.

Soprattutto l’iter che dobbiamo fare è sfiancante in quanto dobbiamo prendere un appuntamento prima da una parte poi dall’altra ecc. quindi, spesso, accade che queste persone partono da casa e vanno in ospedale solo per capire cosa devono fare.

Ecco, grazie all’associazione basta andare sul sito e sanno come comportarsi per rinnovare la patente.

Oppure: vogliono fare un viaggio in Sardegna e prendere l’aereo?

Noi gli diciamo che possono e devono portarsi dietro le penne d’insulina e le modalità di trasporto, quindi che documenti devono avere per non essere fermati ai posti di controllo, perché la penna dell’insulina potrebbe essere male interpretata.

Insomma noi diamo questo ed altri supporti.

L’essere lì fisicamente porta la persona diabetica ad avere un soggetto a cui poter dire «ho questo problema come posso risolverlo?» e noi ci impegniamo ad aiutarlo.

Poi abbiamo un cellulare a cui c’è sempre qualcuno che risponde, se magari non fossimo in grado di rispondere al momento perché siamo occupati, la persona nell’arco di mezz’ora viene richiamata sempre.

E questo cellulare lo giriamo a turno fra i membri del consiglio direttivo e settimanalmente ci riuniamo e ci relazioniamo per sapere cosa è successo.

So che tu sei legato alla Liguria.

Sì io ho studiato in Liguria. Io sono figlio di madre bolognese e padre piemontese.

Sono nato in Piemonte, per ragioni di lavoro di mio padre ho vissuto anche in Liguria e Toscana.

Da ragazzo ho chiesto a mio padre di vivere da solo a Chiavari in un appartamento e mio padre ha acconsentito a patto che io proseguissi gli studi.

Poi per lavoro mi sono spostato ulteriormente.

Quindi hai un regalo che la Liguria ti ha fatto?

Gli anni più belli della mia vita, i dieci anni più belli della mia vita, perché sono andato a Chiavari a sedici anni, sono venuto via a ventisette anni.

Ho vissuto da solo a Chiavari per dieci anni con due soldi in tasca.

Quando mi si parla della Liguria io vado in brodo di giuggiole.

Ho i miei due amici in Liguria, sono persone che se io li chiamassi alle tre del mattino perché ho bisogno, loro prendono e partono.

Poi, dopo che sono partiti, avvisano le mogli.

L’ultima cosa che vorrei chiederti è relativa a un libro che ho letto «la biologia delle credenze» di Bruce Lipton. In questo libro, l’autore sostiene e dimostra, in quanto biologo, come molte delle credenze relative al fatto che siamo «vittime» del nostro patrimonio genetico debbano essere riviste. Quindi una rivoluzione anche rispetto alla teoria formulata da Darwin, tanto che nella parte finale di questo libro, Lipton sostiene che «sopravvive il più amorevole». Tu sei d’accordo con il dottor Lipton?

Naturalmente sì.

D’altronde è il vostro modus operandi. Voi e il vostro sito ne siete una dimostrazione.

Anzi ti dirò di più, io nasco in una famiglia cattolica ma non rigida.

Mia mamma è stata la mia migliore amica.

Da mio padre io non ho mai preso uno schiaffo ma bastava un suo sguardo per farmi stare male tutto il giorno.

A quattordici anni mio padre mi ha mandato a scaricare le angurie ai mercati generali di Torino.

Ho settanta anni e non riesco a mangiare le angurie.

All’epoca ho maledetto mio padre, oggi lo ringrazio perché ho capito cosa volesse dirmi con quella cosa.

Soprattutto mi hanno trasmesso un concetto importante: la gioia che si prova nel dare è molto superiore all’utilità che si ha nel ricevere.

Io sono diabetico, sono cardiopatico, ho un occhio con una maculopatia abbastanza importante, ho una neuropatia agli arti inferiori però mi permette di camminare bene ma, quando vedo, e lo vedo tutti i giorni, in Piazza Grande a Lucca, un signore di quarantacinque anni (credo) che con un orgoglio clamoroso, un viso stupendo, accompagna suo figlio disabile di circa sei anni sulla carrozzina, e assisto alla felicità di questo bambino che alla vista del mio cagnolino è incontenibile per la gioia, ecco quello è il momento più bello per me.

Ho detto questo perché io ho avuto parecchio dalla vita.

Quando mi è stato diagnosticato il diabete per i primi due anni mi sono curato, poi ho tralasciato finchè a quarantaquattro anni sono stato operato al cuore e in quel momento mia moglie mi ha posto di fronte a una scelta. E io ho scelto.

Percui per me affrontare la presidenza è un atto di gratitudine per tutto quello che io ho avuto e sento il bisogno di dover restituire.

Io ho capito e metto a disposizione degli altri la mia storia, il mio modus.

Io ho settant’ anni ma sto bene, non ho sofferenze, quindi se lo affrontiamo nella giusta maniera, il diabete, non dico che sia uno scherzo ma è affrontabilissimo, percui quando ho detto Yes I Can perché è vero.

Non è un ostacolo così insormontabile però serve qualcuno che lo faccia capire.

Qui finisce l’intervista ma io continuo ad ascoltare Piero mentre lui mi spiega che il suo stato di salute è buono e capisco il perché di tanto benessere.

Glielo leggo negli occhi da cui traspare un uomo che sa emozionarsi e che incanta mentre ti parla.

Il segreto della sua buona salute Piero lo ha dichiarato qualche riga fa, durante l’intervista: mettersi a disposizione degli altri.

La sua empatia gli ha fatto comprendere quanto sia importante essere di supporto per queste persone.

La sua esperienza gli ha fatto comprendere come aiutare queste persone.

Provo profonda ammirazione per questo uomo che dimostra una grande forza d’animo per l’impegno che mette quotidianamente per chiunque abbia bisogno, non risparmiandosi neppure alla domenica.

Allo stesso tempo ammiro ancora di più la sua essenza, il suo spirito, il suo emozionarsi davanti a un bambino disabile che gioisce vedendo un cagnolino.

Non nego di essermi commossa durante l’intervista, così come non nego di aver provato la stessa commozione in fase di stesura.

Spero di realizzare, in parte, lo scopo di Piero Masi con questa intervista, mettendo a vostra disposizione le sue parole.

La vera sostanza della sua anima: tenace e gentile.